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Infine, sale anche il numero di Comuni che - pressati dall'Autorità Garante per la Concorrenza o dalla Procura - si è determinato per la disapplicazione della proroga ...scopri cosa fare

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Sottovalutare tale realtà, sperare o attendere qualcosa di differente, diventa pericoloso e potrebbe portare a gravissimi danni per l'impresa stessa ...scopri cosa fare

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L'Italia ha mantenuto la centralità della gestione ambientale sia in sede di recepimento della Bolkestein, nel 2010, sia nella concreta ...scopri cosa fare

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COSA CI ASPETTA DAL FUTURO?

Anche il 2023 non è stato avaro di colpi di scena, illusioni, promesse, aspettative e cambi di scena. La legge n. 14 del 24/02/2023, intervenendo a modificare la legge n. 118/22, ha tentato nuovamente la carta della proroga generalizzata, stavolta limitata ad un solo anno, sino al 31/12/2024. Il tentativo è stato immediatamente cassato dalla giurisprudenza del CDS, che con Sentenza n. 2192 del 01/03/2023, l’ha posto nel nulla.

Sempre la legge n. 14/23 ha inserito il divieto di esperire gare in attesa di un decreto attuativo i cui termini redazionali erano già spirati. Ai redattori della norma, infatti, è sfuggito di aver prorogato i termini di un altro, diverso, decreto attuativo, escluso dalle dinamiche del divieto. Anche tale questione, però, è sfumata nell’inconsistenza atteso che oggi sono spirati anche i termini dell’altro decreto.

Lo spirare di ogni termine fa crollare definitivamente l’impianto di buoni propositi della legge n. 118/2022. L’unica zattera che rimane – a cui si aggrappano politica, sindacati ed imprenditori - sembra essere il tavolo tecnico istituito dalla legge 14/23 chiamato a definire i criteri per la valutazione della scarsità della risorsa, allo scopo di tentare un uscita al photo - finish dalla famigerata Bolkestein. L’esigenza di tale “mappatura” - così è stata subito denominata tale attività – sembra aver ottenuto un importante endorcement dalla pronuncia CGE C-348/22 del 20/04/2023 nella quale si afferma, appunto, che la valutazione sulla scarsità delle risorse può farsi combinando un approccio generale con uno locale.

In realtà non vi è nulla di nuovo in tale pronuncia atteso che tale possibilità era già stata offerta dalla nota Sentenza CGE cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa nel lontano luglio 2016. Non solo, tale valutazione è stata già condotta dal CDS nelle note sentenze gemelle n. 17 e 18 del 09/11/2021 partendo dai dati contenuti nel SID incrociati con i dati sommari di natura normativa e vincolistica arrivando alla seguente conclusione “nel settore delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, le risorse naturali a disposizione di nuovi potenziali operatori economici sono scarse, in alcuni casi addirittura inesistenti, perché è stato già raggiunto il - o si è molto vicini al - tetto massimo di aree suscettibile di essere date in concessione”. Ogni altra diversa valutazione, quindi, potrebbe impattare contro il muro della giurisprudenza, rinnovando le solite dinamiche "emissione norma-disapplicazione della norma" a cui ormai ci siamo abituati.

Un uscita dalla Bolkestein poi non posizionerebbe il settore in una sorta di limbo protetto. Fuori dalla porta, difatti, troveremmo ad attenderci la valutazione dell’interesse frontaliero certo che ci riporterebbe alla gara secondo un diverso percorso (art. 49 TFUE). Tra l’altro le già citate Sentenze gemelle CDS n. 17-18/2021 hanno già statuito che tale interesse esiste.

Anche superando tale ostacolo alla fine impatteremmo (comunque) con la giurisprudenza del CDS dell’epoca pre-Bolkestein che invocava la gara agganciandosi ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità della P.A. La sensazione, quindi, è che anche gli stessi story teller del mantra “la gara non ci sarà” oggi non sappiano come uscire dall’empasse e si stiano preparando a provvedimenti impopolari.

Ai tecnici di settore, difatti, non sfuggirà che per redigere la famosa mappatura bastino pochi giorni in quanto vanno solo riorganizzate ed incrociate le informazioni già presenti nel SID (basta una query) con i parametri di concedibilità delle varie leggi regionali (basta leggerle) con i vincoli esistenti sul territorio (ancora basta una query sui vari Gis/Sit presenti ormai in ogni regione/comune). Perché tutti questi mesi di stallo?

Anche la recente e perdurante campagna diffamatoria del settore balneare, abbracciata a reti unificate da tutti i media mainstream ed ambientalisti dell’ultim’ora, ci insospettisce. Essa infatti sembra funzionale ad ottenere il favore dell’opinione pubblica in vista di interventi normativi contro il settore balneare. Speriamo di sbagliarci. Rimaniamo, quindi, come tutti, in attesa di cosa accadrà in autunno, in termini di produzione normativa, e soprattutto agli inizi del prossimo anno, quando i titoli concessori non avranno più la copertura giurisprudenziale al 31/12/2023 offerta dal CDS.

Nel frattempo i nostri consigli rimangono sempre gli stessi: eliminare le gestioni a terzi, aumentare i fatturati, massimizzare la capacità tecnica anche con il ricorso a vere certificazioni di qualità, non fare subentri, eliminare abusi e contenziosi, prepararsi per tempo progettualità vincenti.

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Il 4, 5 e 15 Maggio 2023

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AGGIORNAMENTO 24/11/2022

Su questa pagina ci siamo più volte (pre)occupati del contrasto tra le disposizioni contenute all'art. 3 comma 3 della legge 118/22: “In presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficolta' oggettive legate all'espletamento della procedura stessa, l'autorita' competente, con atto motivato, puo' differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024” e quelle scaturenti dalle Sentenze gemelle del CDS n. 17 e 18 del 09/11/2021 secondo cui: “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime...... sono in contrasto con il diritto euro unitario ..... . Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.”.

I nostri timori, purtroppo, sono stati confermati.

Con Sentenza n. 2946 del 15/11/2022 la Sezione terza (Catania) del TAR Sicilia - Catania così statuisce: “Deve, infine, aggiungersi che l'art. 3, primo comma, della legge n. 118/2022, in armonia con le decisioni dell'Adunanza Plenaria, ha espressamente fissato il termine del 31 dicembre 2023, contemplando una deroga per l'ipotesi di cui al terzo comma (“ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023”) e fissando all'uopo il diverso termine del 31 dicembre 2024, in relazione al quale valgono, però, le affermazioni contenute nelle menzionate pronunce dell'Adunanza Plenaria n. 17/2021 e n. 18/2021, con la conseguenza che il termine del 31 dicembre 2024 andrebbe comunque disapplicato in quanto in contrasto con la disciplina europea.”.

La pronuncia apre un nuovo fronte di guerra ed indebolisce quel piccolo scoglio su cui si faceva grande affidamento.

L'accaduto ci fa temere che a breve verrà fuori anche l'altra forzatura presente nella legge 118/2022, stavolta all'art. 3 comma 1 lettera a) ultimo capoverso, ossia quella di prorogare al 2023/2024 anche le concessioni per la nautica da diporto, anche qui in stridente contrasto con le “gemelle” che hanno riservato il differimento soltanto allo scopo turistico ricreativo.

AGGIORNAMENTO 13/09/2022

Con la sentenza di Cassazione Civile n. 26636 del 09/09/2022 oggi si chiarisce che agli imprenditori balneari spetta la restituzione dell'imposta di registro già versata per la quota parte delle annualità relative alla proroga delle concessioni al 2033 a valle dell'annullamento.

Oggi infatti la scadenza di tali concessioni demaniali marittime, prorogate con atto della P.A. sino al 2033, è schiacciata al 2023/2024.

Ebbene, per queste posizioni concessorie, dovrà chiedersi il rimborso dell'imposta di registro versata per gli anni dal 2023/2024 sino al 2033.

L'Agenzia delle Entrate, come ovvio, non si è dimostrata entusiasta di concedere detti rimborsi.

AGGIORNAMENTO 8/08/2022

Per il settore delle concessioni balneari italiane, l'anno appena trascorso è stato funestato da numerosi colpi di scena. Nel novembre del 2021, infatti, le pronunce gemelle del Consiglio di Stato in adunanza plenaria hanno cancellato definitivamente la proroga al 31 dicembre 2033 inserita dalla legge 145/2018, lasciando al suo posto una mera proroga al 31/12/2023. Mesi dopo abbiamo assistito alla caduta del governo Draghi, ma il decreto concorrenza, contenente di fatto l'ennesima riforma del demanio marittimo, è stato approvato in via definitiva.

Le concessioni demaniali turistico-ricreative quindi cesseranno alla data del 31 dicembre 2023.

Tale ineluttabile realtà nel decreto viene colorata menzionando la possibilità di realizzare gare nel 2024, con un'altra mini-proroga mascherata, e da altri criptici tentativi atti a mantenere lo status quo dei delicati equilibri politico-sindacali.

Su tutti spicca la questione dell'indennizzo, che pur tuttavia è stato già oggetto della Sentenza “Promoimpresa” della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 e in ultimo delle Sentenze gemelle del Consiglio di Stato dello scorso novembre, dove possiamo leggere: “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime.... sono in contrasto con il diritto euro unitario ..... . Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”.

Una nuova legge di proroga, quindi, sembra difficile da ipotizzarsi. Ciò, si badi bene, non perché si dubiti del “coraggio” del nuovo Governo, ma perché un siffatto tipo di norma, pur se emanata, verrebbe “disapplicata” in ogni dove.

Non sfuggirà più a nessuno, a questo punto, che se non mutano gli accordi alla base dei Trattati di formazione dell'Unione Europea, che di fatto hanno spogliato lo Stato membro del potere di legiferare al di fuori dei confini disegnati della normativa comunitaria, pena la disapplicazione della norma interna, allora non può cambiare molto. Rimane, quindi, da vedere quale sarà l'azione da equilibristi dei Decreti attuativi, che si presume tenteranno di forzare al massimo le maglie del sistema senza incombere in nuove sanzioni comunitarie.

AGGIORNAMENTO 3/12/2020

Oggi la Commissione Europea ha formalmente messo in mora l'Italia per la proroga al 2033 delle concessioni demaniali marittime. Riportiamo il trafiletto che tutti possono leggere sul sito della CE: "Servizi: la Commissione chiede all'ITALIA di garantire trasparenza e parità di trattamento per quanto riguarda le concessioni balneari.

La Commissione ha deciso in data odierna di inviare una lettera di costituzione in mora all'Italia in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare ei servizi ricreativi (concessioni balneari). Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi.

L'obiettivo è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati - attuali e futuri – la possibilità di competere per l'accesso a tali risorse limitate, di promuovere l'innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse.

In una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell'Unione.

L'Italia non ha attuato la sentenza della Corte. Inoltre l'Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l'assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell'Unione. La Commissione ritiene che la normativa italiana, oltre a essere incompatibile con il diritto dell'UE, sia in contrasto con la sostanza della sentenza della CGUE sopramenzionata e crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane.

L'Italia dispone ora di 2 mesi per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato.".

LEGGE DI BILANCIO 2019 - ANALISI DELLE INNOVAZIONI LEGISLATIVE DEMANIALI

Il tanto auspicato intervento del Governo a favore del comparto balneare c'è stato. La legge di stabilità 2019, ha introdotto una serie di disposizioni inerenti le concessioni demaniali marittime, che qui di seguito ci apprestiamo a commentare.

La legge si divide in due parti.
Nella prima vengono definite le modalità di revisione delle norme demaniali, mentre nella seconda viene disposta l' attesa proroga per alcune concessioni demaniali.
Partiamo con l'analisi della prima parte.

L'importante obiettivo di revisione complessiva del sistema normativo demaniale, richiesto a gran voce da oltre un decennio, viene affidato a due strumenti che corrono su binari paralleli:
- Il primo, è il DPCM introdotto dall'art.1, comma 680, deputato a fissare principi e criteri tecnici per l'assegnazione delle concessioni. Per questo Decreto non vengono fissati termini temporali da rispettare.
- Il secondo è l'immane procedura descritta dal comma 675 al comma 679, che vede coinvolti quasi tutti i Ministeri (Infrastrutture e Trasporti - Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo - Economia e Finanze - Sviluppo Economico - Affari Europei - Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare - Affari Regionali), la Conferenza Stato - Regioni, ogni singola Amministrazione Pubblica competente in materia, ed addirittura ogni cittadino, con il ricorso alla consultazione pubblica. I termini di gestazione di tale Mostruosità amministrativa vengono ottimisticamente stimati in circa 3 anni (120 gg per il DPCM che lancia la procedura - 2 anni per le attività consequenziali delle P.A.
- 180 gg per la consultazione pubblica).

Lasciamo a chi legge la riflessione sulla reale possibilità che questo Titanic possa spostarsi, anche solo di un passo, dal porto di partenza.

Dal magma di propositi emerge, comunque, la volontà di migliorare il sistema balneare secondo le solite direttrici quali: l'accessibilità ai disabili, la qualità dell'accoglienza e dei servizi resi definendo perfino un rating di qualità, la sostenibilità ambientale, la tutela egli ecosistemi, la sicurezza delle spiagge, ormai elementi imprescindibili nell'evoluzione degli stabilimenti balneari.

Ancora, affiora la volontà di approfondire le questioni legate al legittimo affidamento quando si parla di effettuare una ricognizione degli investimenti realizzati nelle varie concessioni e delle relative tempistiche di ammortamento.

Infine, prima di affrontare la seconda parte della norma, che più interessa il comparto, va focalizzata l'attenzione su una disposizione che farà molto discutere.

Il comma 681, infatti, dispone il blocco all'affidamento di nuove concessioni su aree libere sino a quando non si concluda la duplice e interminabile procedura statale.

Ciò impedirà l'inserimento di nuovi concessionari sul demanio marittimo libero, sterilizzando una moltitudine di pianificazioni demaniali già approvate che prevedevano il rilascio di nuove concessioni.

Questa norma, che a una lettura superficiale potrebbe sembrare un ottima cosa per i concessionari esistenti, in quanto evita/ritarda l'entrata sul mercato di possibili competitor, in realtà avrà l'effetto opposto, costringendo “gli esclusi” ad aggredire i lotti esistenti con lo strumento, ormai noto a tutti, della disapplicazione delle proroghe concesse.

Passiamo ora alla tanto attesa proroga.

Trentamila operatori tirano un sospiro di sollievo. Ottengono un tempo più breve rispetto alle richieste portate avanti dai diversi sindacati, ma considerato, almeno dalle prime reazioni registrate, utile a dare respiro ad un comparto importante per l'economia italiana, angosciato dalla direttiva Bolkestein e dalla prospettiva della messa a gara delle concessioni.

Che il suddetto provvedimento rappresenti un guanto di sfida lanciato all'Europa e alle sue politiche in materia di concorrenza, è dimostrato dalle censure che la Corte di Giustizia Europea aveva già fatto verso la proroga delle concessioni disposta dal Governo Monti nel 2012 dichiarandone, con sentenza C-458/14 e C-67/15 del 14/07/2016, l'inapplicabilità per contrasto con gli artt. 12 e seguenti della Direttiva CE 123/06 e con l'art. 49 del Trattato FUE. Censure che, come si ricorderà, sono state fatte proprie anche dalle magistrature superiori italiane e da alcune Autorità concedenti, come verificatosi nei casi Melis e Promoimpresa.

Ebbene, l'emendamento in commento, voluto fortemente dal Ministro alle politiche agricole, alimentari e forestali Gianmarco Centinaio, e fatto proprio dal Governo nella Legge di bilancio, prevede all'art. 1, comma 682 che le concessioni disciplinate dal comma 1 dell'art. 01 del DL 400/94, vigenti alla data di entrata in vigore della legge di stabilità (01/01/2019), abbiano una durata di 15 anni a partire da tale data. Una norma che, con tutti i limiti che si vedranno in seguito, ha comunque il pregio della chiarezza. Più problematica appare, invece, la formulazione del successivo comma 683, che prevede che siano soggette alla stessa durata le concessioni di cui al comma 682, purchè rispondenti ad almeno uno dei seguenti requisiti:

1) essere vigenti alla data del 31/12/2009, ossia all'entrata in vigore del DL 194/09;
2) essere state rilasciate successivamente a tale data, ma con procedura amministrativa attivata prima e per le quali sia stata effettuata una pubblicazione ex art. 18 reg. esec. cod. nav.;
3) essere state rilasciate successivamente a tale data, ma con procedura amministrativa attivata prima e per le quali sia stato formalizzato un rinnovo nel rispetto dell'art. 02 della legge 494/93.

Infine, il comma 684, dispone che le concessioni residenziali o abitative, già oggetto di proroga ex DL n. 78/2015, abbiano durata 15 anni a partire dal 01/01/2019.

Preliminarmente vale la pena evidenziare come il combinato normativo in oggetto non si discosti da quello che ha dato origine alle censure già espresse nei confronti delle precedenti proroghe (al 2015 e al 2020), riproponendo un meccanismo concettualmente identico a quello introdotto con il DL 194/09 e succ. mod. Il presupposto è infatti il medesimo, ossia la necessità di provvedere al riordino della materia.

Un lavoro enorme che, a ben vedere, lo Stato non è stato in grado di esaurire (rectius avviare) nel periodo compreso nella precedente proroga, e che viene riproposto oggi in tutta la sua disarmante complessità. Una differenza sostanziale tra questa e la precedente proroga però esiste, ai 5 anni di riordino già concessi con la precedente proroga, i commi 675 e segg. aggiungono questa volta ulteriori 15 anni, di cui tre necessari (termine perentorio) per l'esaurimento dell'attività ricognitiva e consultiva (120 giorni per l'entrata in vigore del decreto, 2 anni per la mappatura delle concessioni e 180 giorni per lo svolgimento di una consultazione pubblica), ed i restanti 12 anni sprovvisti di qualunque appiglio o giustificazione tecnica, se non quella di venire incontro alle richieste di certezza del comparto per gli anni a venire.

Non servono particolari previsioni per immaginare che l'odierna proroga seguirà la stessa sorte della pregressa, ivi compresa l'apertura di una nuova procedura di infrazione UE. Una soluzione che, ad avviso di chi scrive, darà avvio ad una intensa stagione di ricorsi da parte di quei soggetti che, intenzionati ad entrare nel settore, sono rimasti in attesa di una riforma di settore che desse definitivamente avvio alle previste procedure di evidenza pubblica. Ricorsi che, come dimostra la più recente giurisprudenza, appaiono tutt'altro che peregrini, e che mireranno ad ottenere la disapplicazione della proroga con conseguente intimazione agli enti competenti a dare avvio alle evidenze pubbliche. Apprezzabile ci pare, invece, che il Legislatore abbia (finalmente) abbandonato il termine “turistico ricreativo” per riferirsi in maniera più organica a tutte le concessioni disciplinate dall'art. 01 comma 1 legge 494/93. Una scelta che pone al centro dell'intervento normativo, per la prima volta, l'annoso problema delle concessioni abitative, da decenni tenute ingiustamente fuori da ogni intervento regolativo e soggette alle dinamiche, spesso contraddittorie, degli uffici regionali/comunali.

A fronte di qualche timido passo in avanti, non poche sono però le carenze su piano sistematico. Il Maxiemendamento rinuncia, infatti, ad affrontare la questione dei pertinenziali e dei loro canoni abnormi. Nessun riferimento viene fatto altresì alle dinamiche devolutive ex art. 49 cod. nav., spesso oggetto delle più svariate e contrapposte interpretazioni giurisprudenziali.

Egualmente trascurati i problemi dei concessionari in Autorità di Sistema Portuale, costretti a versare canoni spesso decuplicati rispetto a quelli dovuti dai colleghi sul demanio portuale gestito dalle Capitanerie. Non di minor impatto sono le superficialità rilevabili nel maxiemendamento sul piano squisitamente redazionale, con contraddizioni suscettibili di dare origine a conflitti interpretativi preoccupanti.

Come si è avuto già modo di vedere, il comma 683, nel richiamarsi alle concessioni oggetto di proroga di cui al comma 682 (ossia alle concessione rilasciate ex art. 01 comma 1 della legge 494/93 VIGENTI al 01/01/19), prevede che le stesse possano essere prorogate solo in presenza di determinate condizioni, con ciò licenziando un doppio regime normativo, il primo di cui al comma 682 sprovvisto di condizioni, il secondo di cui al comma 683 condizionato.

Una tecnica redazionale che lascia perplessi, soprattutto per aver dato origine ad una inutile conflittualità tra norme che, ad una prima lettura, paiono elidersi a vicenda, atteso che le concessioni ivi richiamate risultano già prorogate di 15 anni in virtù del comma 682, senza necessità delle condizioni fissate nel successivo comma che appare, pertanto, del tutto superfluo.

Ipotesi residuale, ma plausibile, è che il Legislatore con il comma 683 volesse invece far riferimento non già alle concessioni ex comma 682, ma a quelle rientranti sempre nell'elenco di cui all'art. 01 comma 1 legge 494/93, ma “scadute” prima dell'entrata in vigore del nuovo emendamento, come fa pensare il richiamo alle medesime concessioni vigenti all'entrata in vigore del decreto legge 31.12.2009 n. 194 e a quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di procedura amministrativa avviata però anteriormente al 31.12.2009. Una interpretazione che, ove accolta, darebbe luogo al riconoscimento di proroghe concessorie a favore di contratti giuridicamente inesistenti per decorso del tempo, con tutte le inevitabili ricadute che ciò potrà avere in sede giurisdizionale. Sul punto la Corte di Cassazione Sez. Penale, in ben quattro pronunce consecutive, di cui l'ultima risale al 10.10.2018, è apparsa lapidaria: solo le concessioni garantite da un titolo valido ed efficace possono essere assoggettate ad un regime di proroga ex lege.

Rimanendo sul comma 683, errato ci pare il risalto che il legislatore ha inteso dare alla data del 31.12.2009, usata come spartiacque tra chi accede alla proroga e chi no.

A ben vedere, l'abrogazione del diritto di insistenza sancito con il decreto legge n. 194 del 31.12.2009, non rappresenta il momento storico da cui ha avuto origine la pretesa lesione del legittimo affidamento, come pare essere invece nella convinzione del Legislatore. Il diritto di insistenza, infatti, non garantiva alcuna automaticità nel rinnovo delle concessioni, salvo riconoscere a tale ultima ipotesi natura residuale sempre e comunque a valle di una procedura di gara, così come precisato dalla giustizia amministrativa già in epoca pre-Bolkestein. Più corretto sarebbe stato, invece, il richiamo alla data del 26.3.2010, che sancisce l'entrata in vigore del D. L.vo 59/2010 di attuazione della Bolkestein, intervento che di fatto ha mandando in pensione il vecchio istituto della pubblicazione ex art. 18 reg. di esec. cod. nav., proponendo un modello di gara con predeterminazione dei requisiti ex art. 15-16 dello stesso Decreto. Oppure, ancor più rigorosamente, al 15.12.2011, data nella quale la Legge comunitaria n. 217/2011 ha abrogato definitivamente il rinnovo automatico, mutando per sempre le aspettative del concessionario in ordine al rinnovo. Altrettanto singolare è la formulazione dell'ultima parte del comma, che si riferisce alle concessioni rilasciate successivamente alla data del 31.09.2009, salvo che le stesse siano state rilasciate a seguito di procedura amministrativa attivata prima di tale data e per le quali sia stato formalizzato il rinnovo nel rispetto dell'art. 02 della legge 494/93.

In verità, il riferimento all'art. 02 della legge 494/93, appare più il frutto di una svista che di una scelta meditata. Poco c'entra infatti con il tema di cui trattasi, il riferimento contenuto nell'art. 02 alla preferenza accordata alle richieste di concessione che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. Più probabile è, invece, che il Legislatore volesse far riferimento all'art. 01 comma 2 della stessa Legge, ossia alla possibilità di rinnovo automatico, incappando nel rischio di perdere un intera categoria di soggetti che invece era nelle sue intenzioni “salvare”.

In conclusione.

E' difficile allo stato esprimere un giudizio definitivo sulle ricadute che la norma avrà sul comparto, salvo evidenziare come essa si collochi a pieno titolo nel solco di quegli interventi sommari e frettolosi che hanno contribuito a creare disorientamento più che a dare certezze.

Non resta che aspettare le prime reazioni della magistratura e degli Enti concedenti dinanzi all'ennesimo rinvio pianificato su base legislativa. Un rinvio che, a parere di chi scrive, denuncia la scarsa attitudine da parte di tutti gli interlocutori, e della politica in primis, ad affrontare la questione balneare su un piano compatibile con l'adesione italiana ai trattati europei. Punto di partenza indispensabile per avviare qualunque utile confronto, in Italia come in Europa, senza del quale la delusione di vedersi respingere l'ennesima proroga appare più che uno spauracchio.

COMUNICAZIONE URGENTISSIMA PER GLI UFFICI DEMANIO COMUNALI

OGGETTO: SID – OBBLIGO DI INSERIMENTO DATI/BONIFICA DATI ESISTENTI ENTRO 31/01/2017 – IMPOSSIBILITA' DAL 2017 DI IMPORRE PAGAMENTI ANNUALI DEL CANONE - SEGNALAZIONE AUTOMATICA ALLA CORTE DEI CONTI :

Come è noto sulla gazzetta ufficiale n. 1 del 02/01/2016 è stato pubblicato il DM 19/11/2015 a firma congiunta Ministero delle Finanze e Ministero delle Infrastrutture. Tale Decreto prevede che, a partire dal 01/01/2017, non sarà più possibile richiedere pagamenti del canone demaniale se non con il modello “F24 ELIDE” generato direttamente dal SID.

Per generare tale modello, e quindi concretamente richiedere i canoni ai concessionari, sarà necessario inserire, entro il 31/01/2017, i dati delle concessioni esistenti nel SID e/o provvedere all'allineamento/integrazione di quelli già esistenti nel Sistema. In assenza di tali adempimenti la nota n. 29081 del 28/10/2016 a firma congiunta Agenzia del Demanio, Ministero Finanze, Ministero Infrastrutture, Anci, prevede che “per le Amministrazioni inadempienti a detti obblighi, è prevista la segnalazione alla Corte dei Conti per il seguito di competenza”.

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NUOVA PROROGA PER "ALTRI SCOPI" SINO AL 2016 - PER LA PRIMA VOLTA L'ENTE GESTORE COINVOLTO NEI PROCEDIMENTI DOMINICALI.

Il DL 78 del 19/06/2015, convertito in legge con legge n. 125 del 06/08/2015, all'art. 7 recita:

"9-septiesdecies. In previsione dell'adozione della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, le regioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, operano una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori. La proposta di delimitazione è inoltrata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia del demanio, che nei centoventi giorni successivi al ricevimento della proposta attivano, per gli aspetti di rispettiva competenza, i procedimenti previsti dagli articoli 32 e 35 del codice della navigazione, anche convocando apposite conferenze di servizi.

9-duodevicies. Le utilizzazioni delle aree di demanio marittimo per finalità diverse da quelle turistico-ricreative, di cantieristica navale, pesca e acquacoltura, in essere al 31 dicembre 2013, sono prorogate fino alla definizione del procedimento di cui al comma 9-septiesdecies e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016".

Per la prima volta nella storia l'Amministrazione che gestisce il demanio viene chiamata in causa con un ruolo di primo piano in procedimenti dominicali sino ad ora esclusivo appannaggio dell'Autorità marittima e degli altri organi dello Stato. Sicuramente troppo breve il termine imposto dal legislatore per un imponente operazione che dovrà coinvolgere tutte le coste italiane. Nella norma, infine, non manca la proroga per alcuni scopi al 2016 con un utilizzo terminologico e di scopo non in linea con le già avvenute proroghe.

FALLIMENTO DEL CONCESSIONARIO E DECADENZA.

Anche nel 2015 i Tribunali Amministrativi Regionali hanno confermato che il provvedimento di decadenza della concessione demaniale, disciplinato dall'art. 47 codice della navigazione, ha natura sanzionatoria e quindi ne consegue la tassatività delle ipotesi in presenza delle quali tale provvedimento può essere assunto. Dato che l'art. 47 c. nav . non contempla il fallimento del concessionario , appare impossibile irrogare la sanzione della decadenza per il solo fatto del fallimento del concessionario.

NOVITÀ SULLE AREE PUBBLICHE UTILIZZATE DAI COMUNI.

Con parere dell'Avvocatura generale dello Stato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 167 del 27/02/2015 affare CT 2296/2012 Bari e 22724/2013 Roma - è stato definito il confine tra concessione, consegna e sdemanializzazione in relazione alle aree pubbliche utilizzate dai Comuni.

RINVIO PAGAMENTO CANONI DEMANIALI 2015.

Legge n. 89/2014* - Art. 12 – bis
Canoni delle concessioni demaniali marittime
1.I canoni delle concessioni demaniali marittime, ai sensi dell'art.03, comma 1, lett. B). del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 e successive modificazioni, dovuti a partire dall'anno 2014, sono versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno. Gli enti gestori intensificano i controlli volti a verificare l'adempimento da parte dei concessionari dell'obbligo di versamento nei termini previsti dei canoni di cui al presente comma.
2.All'art. 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole “15 maggio 2014” sono sostituite dalle seguenti: “15 ottobre 2014”.

L'AUTORIZZAZIONE ART. 45 BIS COD NAVIGAZIONE E' SOSTITUITA DALLA SCIA.

Da oggi il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con foglio 9803 del 02/10/2014, ha sancito il principio che “la presentazione della SCIA è da ritenersi la sola procedura consentita rispetto alla quale l'intervento provvedimentale – meramente eventuale – della pubblica amministrazione competente potrà esprimersi esclusivamente attraverso l'esercizio di poteri ablatori”

PROROGATE AL 2020 ANCHE LE CDM CON SCOPO PESCA ED ACQUACOLTURA.

Con Legge di Stabilità (L. 27 dicembre 2013, n. 147) sono state prorogate al 2020 anche le concessioni con scopo pesca ed acquacoltura. All'art. 291 infatti si legge: “All'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010n. 25, dopo le parole: << turistico-ricreative>> sono inserite le seguenti: "ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse".
Entrata in vigore del provvedimento: 01/01/2014

LEGGE 147 DEL 27/12/2013 (STABILITÀ 2014) - DEFINIZIONE AGEVOLATA DI CONTENZIOSI SU CANONI E INDENNIZZI CON CALCOLI OMI.

L'art. 1 commi 732-733 della legge di stabilità 2014 recita:
732. Nelle more del riordino della materia da effettuare entro il 15 maggio 2014, al fine di ridurre il contenzioso derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni delle concessioni demaniali marittime ai sensi dell'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni (quindi per il turistico ricreativo e nautica da diporto pertinenze con calcolo OMI) , i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernenti il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, possono essere integralmente definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario della richiesta di pagamento, mediante il versamento: a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme dovute; b) rateizzato fino a un massimo di sei rate annuali, di un importo pari al 60 per cento delle somme dovute, oltre agli interessi legali, secondo un piano approvato dall'ente gestore.
733. La domanda di definizione, ai sensi del comma 732, nella quale il richiedente dichiara se intende avvalersi delle modalita' di pagamento di cui alla lettera a) o di quelle di cui alla lettera b) del medesimo comma, e' presentata entro il 28 febbraio 2014. La definizione si perfeziona con il versamento dell'intero importo dovuto, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda di definizione; in caso di versamento rateizzato, entro il predetto termine deve essere versata la prima rata, la definizione resta sospesa sino al completo versamento delle ulteriori rate e il mancato pagamento di una di queste, entro sessanta giorni dalla scadenza, comporta la decadenza dal beneficio. La definizione del contenzioso con le modalita' di cui al comma 732 e al presente comma sospende gli eventuali procedimenti amministrativi, nonche' i relativi effetti, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio nonche' la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone.”.

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